Il colera

L'infezione giunge nel 1820 sulle coste orientali dell'Africa e l'anno successivo in Medio Oriente. Dieci anni dopo entra in Europa: Mosca e San Pietroburgo e poi in Lettonia, Polonia, Ungheria, Germania e Francia. Nel 1832 varca la Manica e poi l'Atlantico colpendo gli Stati Uniti, il Canada, il Messico ed il Perù.
Lo Stato Pontificio prese notevoli misure di sicurezza per evitare sbarchi clandestini sulle coste. Anche i controlli ed i divieti sulle persone e sulle merci in ingresso si fecero sempre più stringenti.
Nel 1835 il morbo colpì il Regno di Sardegna e si affacciò sull'Adriatico, a Venezia. Un anno dopo, nonostante le precauzioni, entrava nello Stato Pontificio, ad Ancona, per colpire anche Roma, nel 1837.
San Benedetto si salva da questa prima ondata epidemica, ma viene duramente colpita dalla seconda, quella del 1854-56, la più vasta e mortale che colpì circa un terzo dell'Italia. Tra il novembre del 1854 ed il gennaio del 1855 muoiono 23 persone su 91 infettate. Il pericolo sembra passato, quando a giugno il morbo viene nuovamente importato e con conseguenze assai più gravi. Tra giugno e settembre muoiono 395 persone su 739 infettate. All'epoca San Benedetto contava circa 6.000 abitanti: oltre il 10% della popolazione fu colpita dal colera.
Nel luglio 1855, quando l'epidemia in paese raggiunse il culmine della diffusione, la famiglia Spazzafumo registrò sei perdite nell'arco di una decina di giorni: dal lato di Giorgio muore una nuora (Caterina Collini, moglie di Pasquale), mentre dal lato di Tommaso muoiono un figlio (Domenico), una nuora (Geltrude Spina, moglie di Pasquale) ed un pronipote (Nicola, nipote di Domenico). Inoltre muoiono Maria Laudicia, figlia di Francesco, e Nicola Lagalla, marito di Maria Teresa, anch'essa figlia di Francesco: questo Francesco non è ancora collocato nell'albero genealogico e potrebbe essere sia figlio di Giorgio che di Tommaso.
L'epidemia del 1865-67 non arrivò a San Benedetto, ma quella del 1886-87 tornò a colpire. All'inizio del 1886 il morbo si diffuse nel Nord Africa e poi in Spagna, nel sud della Francia e nel Regno d'Italia. Anche questa volta giunse via mare, verso la fine dell'agosto 1886, e poi si diffuse in tutta la provincia. San Benedetto era abitata da circa 8.000 persone e nell'arco di un mese morirono 184 persone su 760 infettate: l'esperienza accumulata durante la precedente epidemia ed il miglioramento generale del livello di vita avevano contribuito a ridurre sensibilmente l'incidenza della mortalità.
Nella famiglia Spazzafumo si registrò, in questa occasione, una sola perdita, la piccola Gemma, non ancora collocata nell'albero genealogico.
Emidio, nato nel 1886, per sfuggire all’epidemia di colera viene affidato a dei signorotti del posto che avevano una casa in campagna. Questi lo fecero studiare, tanto che fece fino alla quinta, cosa assai rara in quel periodo. Passata la paura dell'epidemia il piccolo Emidio ritornò dai genitori i quali per riconoscenza al signorotto lo cominciarono a chiamare Giuseppe, come il signorotto che aveva dato ospitalità al piccolo. Discendente da una famiglia di grandi naviganti (il padre Luigi veniva chiamato lu Pappuà perché i suoi viaggi lo spingevano fino in Papuasia), anche Emidio Giuseppe era un marinaio, nocchiere di bordo nei velieri che salpavano dal porto di Genova. Nei suoi viaggi, che duravano fino a 2 anni, si spingeva fino in Australia, terra che amava molto perché, a detta sua, era tanto ricca e ci si sarebbe trasferito se la moglie, Maria Sciarra, fosse stata d’accordo. Durante la prima guerra mondiale perse un fratello, Nazzareno, e rimase mutilato ad una mano per cui smise di navigare ed aprì una tabaccheria.
Altre perdite, nel corso del XIX secolo, si registrarono a causa de ....